Muratori bambino povero

Numerose note biografiche di ambito ottocentesco hanno diffuso la leggenda che descriveva Lodovico Antonio Muratori come un bambino poverissimo, impossibilitato a frequentare la scuola e costretto a dedicarsi alle fatiche dei campi, per incapienza dei genitori. Essendo però il piccolo Lodovico particolarmente desideroso di imparare, ascoltava le lezioni origliando al di fuori della finestra della scuola.
“Il Muratori non era di agiata famiglia, e in tempo, in cui le pubbliche scuole non erano accessibili che alle classi abbienti e ricche, egli per difetto di mezzi non poteva frequentarle. Ancor fanciullo però era dominato dal desiderio ardente d’imparare e di sapere. Reggeva di quel tempo la parrocchia di Vignola un sacerdote quanto pio e zelante del suo ministero, altrettanto savio e addottrinato. Essendo a lui affidata la pubblica istruzione nel paese trovò il giovanetto Lodovico che stava origliando di fuori la scuola per sentirne la lezione. Fattolo venire a sé ed inteso che gli seppe ripetere appieno quanto egli aveva spiegato ai suoi discepoli, ne rilevò l’ingegno pronto e svegliato, ne prese cura speciale e lo avviò a quella nobile carriera nella quale doveva dispiegare il volo dell’aquila e poggiare sì alto da formare la meraviglia del suo, non meno che dei secoli venturi.”[1]
“ I suoi Genitori erano non molto provvisti di beni di fortuna, suo padre era massaro del comune, e si vuole che fosse tanto povero da non poter mantenere il figlio suo alla scuola. Anzi a questo proposito si racconta la storiella che il fanciullo sugli otto anni desideroso di imparare, sdrucito negli abiti e pressochè scalzo, stesse in Vignola in sulla pubblica via esposto al rigore del verno, origliando alla finestra di una scuola privata, ove un maestruccolo insegnava grammatica latina, e che questi, impietosito e nello stesso tempo ammirato di lui, lo accogliesse gratuitamente alle sue lezioni, dopo essersi accertato che avea così ritenuto quanto erasi spiegato agli altri ragazzi. Ma per quanto graziosa appaja siffatta storiella debbo dire che non è vera, poiché i genitori di Lodovico Antonio erano bensì disagiati però non si trovavano certamente in tali distrette.”[2]




La situazione economica dei genitori infatti non corrispondeva certamente a quanto sopra descritto: in realtà il padre era massaro del Comune, possedeva una bottega da ramaio e alcuni appezzamenti nelle Basse di Vignola. Lodovico frequentò la scuola pubblica a Vignola e all’età di 13 anni venne mandato a proseguire gli studi a Modena presso il collegio dei Gesuiti.
Vero o non vero l’episodio che lo dipinge di pochi anni ancora nell’atto d’ascoltare, dietro la porta di una scuola, quel che va dicendo un maestro a un gaietto sciame d’irrequieti monelli e che poi scoperto e invitato a ripetere la lezione, la ridice tutta d’un fiato e viene allora unito agli altri scolaretti e diventa in poco tempo uno dei più assidui e volenterosi discepoli di tutto il circondario, il fatto si è ch’egli ebbe profondissimo dalla natura il senso della curiosità e dell’immaginazione e che quel senso educò fin dalla sua prima fanciullezza con una tenacia, spinta a volte oltre il credibile. [3]

Le immagini bene illustrano la “graziosa storiella”, raffigurando Lodovico addirittura in veste di pastorello, intento ad origliare la lezione dall’esterno della scuola.
Le copertine dei quaderni dimostrano che la leggenda era ancora ampiamente diffusa fino agli anni ’50 del Novecento.
Note:
[1] Cit. da G. Bortolucci, Il centenario di Lodovico Antonio Muratori, 1872, opuscolo pubblicato In occasione del II centenario della nascita
[2] Cit da Cenni storici intorno a Lodovico Antonio Muratori raccolti e pubblicati da Silvio Campani, Tipografia di Carlo Vincenzi, Modena, 1872
[3] Cit. da Guido Borsara, Lodovico Antonio Muratori sacerdote e sapiente con disegni di Ettore Pizzini, Centro di Studi Francescani, Modena, 1950